Assieme a “NO CAP” un impegno concreto per una filiera più equa: per noi lo sviluppo sociale va di pari passo con quello economico
Guardare una clementina e vederci “terra, dignità del lavoro e speranza”. Questo è ciò che succede oggi a Yvan Segnet, il “sindacalista delle baraccopoli” che, arrivato dal Camerun nel 2008, per pagarsi gli studi in Ingegneria si era trovato a subire le piaghe del caporalato nelle campagne di Gioia Tauro. Da allora, Segnet è stato il protagonista di una bellissima storia di riscatto sociale, iniziata nel 2011 promuovendo lo sciopero per i diritti dei lavoratori stranieri sfruttati nei campi, e passata attraverso la costituzione nel 2017 di “NO CAP”, l’associazione per la lotta al caporalato in agricoltura, ormai attiva anche a livello internazionale.
Per fortuna sono tante, le imprese agricole in Italia che condividono questi valori di impegno nella lotta allo sfruttamento, per frutti che siano non solo sani e buoni, ma anche giusti.
Noi di Op Agricor siamo felici di essere tra queste, e di impegnarci per una filiera più equa, dove lo sviluppo sociale non venga dopo a quello economico, ma corra accanto ad esso. La nostra vision, che ci guida nelle scelte di ogni giorno, è quella della creazione di un valore a 360 gradi, sociale ed economico insieme, dove siano rispettati e tutelati i principi di solidarietà e legalità.
I campi dove crescono i nostri agrumi, ma anche i nostri magazzini dove vengono lavorati, sono stati protagonisti della puntata di TG2 Storie andata in onda il 5 gennaio scorso (clicca qui per rivederla), dedicata proprio a questi valori.
Abbiamo adottato pratiche che mettono la persona al centro. Alla manodopera straniera, specie a quella extra-comunitaria, viene riservata una particolare attenzione, che passa non solo dalla formazione, ma anche dal supporto nei trasporti verso e dalla sede di lavoro, effettuati con pullmini della nostra Op.
Emblematiche di come il rispetto della persona venga prima di tutto, le parole del nostro presidente Natalino Gallo, che ai microfoni della Rai ha affermato: “Purtroppo subiamo la concorrenza sleale delle imprese che si affidano al caporalato, che risparmiando sui costi di manodopera possono permettersi di tenere il prezzo del prodotto finale più basso. Ma non importa, non scendiamo a compromessi con i nostri principi”.